Un’analisi Istat ha calcolato quanto vale l’economia “non osservata” in Italia, vale a dire quell’insieme di sommerso e illegale (stupefacenti, prostituzione e contrabbando di sigarette) che mette insieme 211 miliardi di euro, con un’incidenza pari all’11,9% del Prodotto Interno Lordo. I numeri aggiornati al 2018 evidenziano un leggero calo (-3 miliardi) rispetto alla rilevazione dell’anno precedente, “confermando la tendenza alla discesa dell’incidenza sul PIL dopo il picco del 2014”, quando l’economia grigia pesava per il 14% sulla ricchezza nazionale. Poco da festeggiare, se si scorre il rapporto. Sul lavoro, per esempio, ci sono 3 milioni e 652 mila irregolari, in calo di 48 mila unità rispetto al 2017. E anche la riduzione del valore complessivo è in realtà sintesi di due diverse dinamiche: l’economia sommersa – che somma fondamentalmente la sotto-dichiarazione del valore aggiunto (comunicazioni volutamente errate su fatturato e costi) e lavoro irregolare, oltre ad altre voci minori – scende leggermente a 191,8 miliardi, mentre le attività illegali salgono oltre la soglia dei 19 miliardi, pur mantenendo all’1,1% l’incidenza sul PIL. Nel complesso dell’economia non osservata, spiega l’Istituto nel suo rapporto, “nel 2018 la flessione è stata dell’1,3% rispetto all’anno precedente e in controtendenza rispetto all’andamento del valore aggiunto, cresciuto del 2,2%. Tale andamento si deve alla diminuzione del valore aggiunto sommerso da sotto-dichiarazione (-2,9 miliardi sul 2017) e da utilizzo di input di lavoro irregolare (-1,7 miliardi), mentre risultano in crescita le altre componenti residuali (+1,4 miliardi). L’economia illegale ha segnato un aumento contenuto in valore assoluto, con un’incidenza che è rimasta ferma all’1,1%”. Rispetto al 2017 si osserva una lieve variazione del peso relativo delle diverse componenti dell’economia non osservata: a una riduzione delle quote ascrivibili alla sotto- dichiarazione (dal 46% al 45,3%) e all’utilizzo di input di lavoro irregolare (dal 37,5% al 37,2%, le unità sono state 3,652 milioni), fa fronte un incremento di quelle riconducibili alle altre componenti del sommerso (dal 7,6% all’8,3%) e all’economia illegale (dall’8,8% al 9,1%). Piccoli segnali di miglioramento si vedono per quel che riguarda il lavoro, con una diminuzione degli irregolari sia in valore assoluto che rispetto al totale dei lavoratori. Dice l’Istat: nel 2018 sono 3 milioni e 652 mila le unità di lavoro a tempo pieno (ULA) in condizione di non regolarità, occupate in prevalenza come dipendenti (2 milioni e 656 mila unità). La riduzione della componente non regolare (-1,3% rispetto al 2017) segnala un ridimensionamento di un fenomeno che nel 2017 si era invece esteso (+0,7% rispetto al 2016). Il tasso di irregolarità, calcolato come incidenza percentuale delle ULA non regolari sul totale, risulta in calo nell’ultimo anno, attestandosi al 15,1%, dopo il 15,5% fatto registrare nell’ultimo biennio. Il calo del tasso di irregolarità è dovuto all’effetto congiunto della dinamica negativa del lavoro non regolare e dell’aumento dell’input di lavoro regolare, riconducibile alla componente dei dipendenti (+1,8%). Il tasso di irregolarità si conferma più elevato tra i dipendenti rispetto agli indipendenti (rispettivamente il 15,5% e il 14,2%). Nell’insieme del periodo 2015-2018 il lavoro non regolare presenta una dinamica opposta a quella che caratterizza il lavoro regolare: gli irregolari diminuiscono di circa 47 mila unità (-1,3%), mentre i regolari crescono di 723 mila unità (+3,7%), determinando un calo del tasso di irregolarità dal 15,8% del 2015 al 15,1% del 2018. Voce in crescita, invece, quella dell’illegalità, che pesa per l’1,1% del PIL. La sotto-dichiarazione del valore aggiunto e il lavoro irregolare pesano per quasi 192 miliardi, mentre le attività illegali (droga, prostituzione, contrabbando) per 19 miliardi. In leggero calo il lavoro irregolare, che riguarda 3,6 milioni di persone. “Rispetto al 2017, si è registrato un incremento dell’1,8%, pari a 342 milioni di euro, meno rilevante di quello dei due anni precedenti, quando l’economia illegale era aumentata di oltre 800 milioni l’anno. I consumi finali di beni e servizi illegali sono risultati pari a 21,6 miliardi di euro (corrispondenti al 2,0% del valore complessivo della spesa per consumi finali), in aumentodi 0,4 miliardi rispetto al 2017”. A trainare TALE crescita sono “per la quasi totalità” gli stupefacenti: “Per questa attività il valore aggiunto sale a 14,7 miliardi di euro nel 2018 (+0,3 miliardi rispetto al 2017), e la spesa per consumi si attesta a 16,2 miliardi di euro (+0,4 miliardi rispetto all’anno precedente)”.