Non solo luoghi di cura, ma veri e propri spazi di vita. Nel corso dell’ultimo incontro di “Dialoghi Metropolitani”, l’ospedale viene ripensato come uno spazio in grado di rispondere alle nuove esigenze di pazienti, personale e dell’intera comunità. Tra i relatori dell’evento, che ha avuto luogo in una delle aule di Palazzo Saluzzo Paesana a Torino, anche il Presidente di Tecnicaer Engineering Fabio Inzani. Sotto la sua guida, la società di progettazione integrata ha curato i progetti di importanti strutture socio-sanitarie come il Nuovo Parco della Salute e dell’innovazione di Torino, l’Ospedale Gaslini di Genova, l’A.O.U. di Sassari.
“Nuovi Grandi Ospedali: Spazi di Vita, Luoghi di Cura” è il titolo dato all’incontro organizzato dal format “Dialoghi Metropolitani” per parlare di ospedali e sanità, nel dualismo pubblico-privato, ma anche di architettura, umanità e propositi per il futuro. Ad aprire le danze è stato Marco Berry con un estratto dal libro Camici e Pigiami. Hanno seguito i discorsi di Don Paolo Fini sulla dicotomia curante-curato, dell’Assessore regionale Andrea Tronzano sul ruolo della politica nel sostenere la sanità, e della professoressa Veronica Vecchi che ha ribadito la necessità di un’integrazione tra pubblico e privato. Marco Trivelli, Direttore Generale ASST Lecco, ha condiviso la sua esperienza nel guidare un ospedale oggi, mentre Cristiana Caira, in diretta da Göteborg, ha raccontato della direzione verso cui va l’architettura ospedaliera svedese.
L’intervento del Presidente di Tecnicaer Engineering è arrivato invece a chiusura dell’evento e si è soffermato sulla capacità della società di integrare nei suoi progetti tecnologia e umanità. “Come si progetta un ospedale? Mettendosi nei panni di chi lo dovrà vivere e di chi ci dovrà lavorare – ha infatti evidenziato Fabio Inzani – Collaudare un ospedale significa fare il malato e fare chi se ne prenderà cura, ovvero i medici, gli infermieri ecc. È fondamentale. Poi però ogni ospedale è diverso, non esiste un metodo unico o ufficiale di progettarlo. Esiste (o non esiste) una reale intenzione e attenzione nel pensare la struttura più idonea, decisiva, funzionale, efficace. Un lavoro che implica tecnica sì, ma soprattutto tanta sensibilità”.