Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza può rappresentare un’occasione unica anche per il mondo della ricerca italiana. Parte delle risorse messe a disposizione dall’Europa potrebbero essere infatti utilizzate per promuovere studi esplorativi, pioneristici e soprattutto interdisciplinari. Solo così, scrive Andrea Prencipe, il Paese avrà le carte in regola per affrontare le sfide sempre più complesse che lo attendono. In un editoriale pubblicato su “Corriere Innovazione”, l’economista e Rettore dell’Università Luiss affronta il tema del progresso inteso come tensione tra evoluzione e rivoluzione. Per progredire nella scienza due sono le modalità: facendo affidamento sui paradigmi tradizionali o rompendoli completamente. È il caso di Copernico, Galileo e del più recente Einstein. La ricerca eterodossa, che si avvale di metodi e approcci insoliti e lontani dalla tradizione, è ancora oggi vista con scetticismo dalla comunità scientifica. Secondo un recente studio realizzato dalle sociologhe Sharon Koppman e Erin Leaheyb, a essere determinante nell’accettazione di pratiche eterodosse è lo status di ricerca degli studiosi e la loro propensione alla interdisciplinarietà. Uno studioso affermato e riconosciuto nell’ambito della ricerca “tradizionale” avrà dunque meno difficoltà a vedersi accettare approcci metodologici nuovi. Ecco perché, spiega Andrea Prencipe, è necessario sostenere quei ricercatori, in particolare i giovani, magari in possesso di punti di vista rivoluzionari ma che non hanno ancora maturato una identità accademica solida. “Una politica della ricerca prospettica potrebbe stimolare attraverso bandi ad hoc per giovani ricercatori lo sviluppo di progetti di ricerca interdisciplinari, che possono arricchire le fondamenta scientifiche, tecnologiche e industriali del Paese”. Per avere successo è fondamentale anche ripensare i percorsi formativi e le progressioni di carriera dei più giovani: “La crescente complessità delle sfide che affrontiamo e che affronteremo richiede approcci che stimolano una visione di insieme senza tradire le specializzazioni. L’impatto della ricerca – conclude il Rettore – non si limita alla produzione di input prontamente applicabili, ma si estende allo sviluppo di strumenti scientifici, alla creazione della comunità e soprattutto alla formazione dei ricercatori, che irrobustisce il nesso virtuoso tra ricerca e innovazione”.
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